Testo apparso su: Minameis (catalogo della mostra), Ready-Made, Milano 2006
Il graffiti writing è certamente una delle sottoculture più complesse e controverse del nostro secolo: nasce come manifestazione spontanea tra Philly e la New York degli anni Sessanta e Settanta e provoca presto interrogativi (ancora irrisolti) su quali siano i limiti tra la libertà d’espressione e i diritti di proprietà, sulle possibili intersezioni tra ambito artistico e azione illegale.
Il fenomeno è semplice, e nella sua semplicità quasi disarmante. Teenager, indefinibili dal punto di vista della provenienza e dell’estrazione sociale, iniziano a scrivere il proprio nome su ogni superficie che a questo scopo si presti (ma se non si presta, va bene lo stesso), ignorando bellamente le leggi e le regole del vivere civile e costumato. Continue reading